15/04/2023

.

BREVE STORIA DI SALANDRA. Fondata in epoca normanna, è immersa in uno scenario fantastico dominato da calanchi di argilla, da queste parti noti come “cintoli”. Antichi palazzi gentilizi e il castello (XII secolo) di cui restano poche mura e due arcate con volte in mattoni rappresentano le sue preziose architetture e fanno da cornice alla chiesa della Santissima Trinità risalente alla fine del primo millennio. Su un’area vastissima del suo territorio si possono ammirare siti di elevato interesse storico e archeologico visitabili tutto l’anno. I resti di un antico villaggio rinvenuti in località Monte Sant’Angelo testimoniano che il territorio di Salandra è stato abitato dagli Enotri a partire dall’VIII secolo a.C.. L’abitato attuale risale all’epoca normanna, mentre nel periodo di dominazione sveva Salandra diventa proprietà del barone Gilberto da Salandra. In periodo angioino passa alla famiglia Sangineto, quindi, nel 1381, ai Sanseverino, conti di Tricarico. Nel 1613 i Revertera diventano duchi di Salandra e ne restano proprietari fino al 1805. Nel 1861, durante il brigantaggio, Salandra fu assaltata dai briganti capeggiati da Crocco e da Borjes: anche se protetto dalla guardia nazionale, il paese fu invaso dai briganti in quanto il popolo, ostile ai signori, aprì un varco ai briganti consentendo loro di entrare nell’abitato. Nella prima metà del secolo XIX Salandra occupava solo il cocuzzolo superiore della collina dove è posto, ed il paese comprendeva solo l’attuale centro storico. All’apice del paese dominava il “Castello” ed intorno ad esso si raggruppavano le abitazioni dello stato sociale più ricco. Il tutto era racchiuso da mura o dalle stesse case affiancate le une alle altre, volgendo il muro posteriore a valle, circondavano a catena il centro abitato, ergendo una enorme barriera a difesa dello stesso. Nell’abitato si poteva accedere solo dalla porta centrale posta nell’attuale Piazza Marconi, pur esistendo qualche altro passaggio. Detta porta veniva aperta all’alba e chiusa al tramonto.

.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.